Si preannuncia in salita la partenza del Wimax in Italia, la tecnologia internet a banda larga senza fili su cui punta il governo per ridurre il digital divide e che dovrebbe entrare anche in un capitolo della Finanziaria. L’avvio del bando di gara (atteso originariamente per giugno) è già slittato di qualche giorno per le difficoltà nella compilazione. Ma ormai ci dovremmo essere. Lo stesso ministro Paolo Gentiloni ha detto nei giorni scorsi che «dovrebbe essere questione di poco». Tra le altre voci comparse nel bando ci dovrebbe essera anche l’opzione «cordate». E proprio su questo punto ci sarebbero stati già i primi contatti tra alcuni gruppi per considerare l’idea di presentarsi insieme. In realtà sono molti i punti interrogativi. E non solo sulla partecipazione (non certo piena di enfasi) da parte degli operatori e delle altre società che alla fine dovrebbero presentarsi, cioè TelecomItalia, Vodafone, Fastweb, Tiscali, British Telecom, Rai, Sirti e Poste italiane.
Ma anche sulla riuscita finanziaria dell’operazione per le casse dello Stato (la stima di entrata è tra i 60 e gli 80 milioni di euro per ogni licenza nazionale assegnata) e, ultimo campanello che sta suonando in vari Paesi europei, anche sul fronte della sicurezza sanitaria nell’uso diffuso di queste nuove tecnologie di trasmissione. Per ora sotto la lente sembra esserci il Wifi, la tecnologia a corto raggio che già da noi viene usata in uffici e abitazioni per evitare il fastidioso groviglio di fili. La Health Protection Agency, agenzia di protezione della salute inglese, ha già aperto un dossier sul suo utilizzo nelle scuole e nei luoghi pubblici. Il governo di Angela Merkel ha seguito a ruota consigliando prudenza ai concittadini tedeschi sull’uso delle reti in attesa di capirne qualcosa di più. E anche il governo spagnolo ha tirato il freno a mano. Come anche per l’uso dei cellulari gli studi sono controversi. E nessuno si sente in grado di dire se effettivamente ci sono dei danni oggettivi.