Lo ‘sballo’ dei ventenni: sentirsi leoni con una pasticca
Nelle discoteche romagnole ragazzi sempre più giovani in cerca di una dose
La notte porta consiglio, ma anche cervelli arrostiti. Specie (non solo) in Riviera romagnola e certe discoteche che sono grandiosi, sfavillanti templi per ragazzini. Dove la notte comincia all’una o qualcosa di più, la musica bastona i timpani e accelera il cuore. Dove l’alcol è un immediato fiume in piena con mille rivoli, perché dalle due non si potrà più servire (dopo averlo invece fatto, il prefetto ha appena sbarrato tre discoteche per quattordici giorni). L’età fluttua da sedici a ventiquattro, venticinque anni. Ci si tuffa in un mucchio selvaggio di giovanissime solitudini pronte allo sballo: qui dentro non si comunica, bisognerebbe urlarsi nelle orecchie. Nel parcheggio c’è una smisurata doppia fila di motorini, ma anche centinaia di macchine (alcune costose, di grossa cilindrata e di papà).
Proprio il parcheggio è il posto più adatto per dare inizio all’uscita di testa. La gran parte dello spaccio avviene qui: ovvio, più facile e meno rischioso. Come pure è meglio tirarla qui la cocaina: luce accesa dentro la macchina, uno o due ragazzi seduti, spesso un altro a fare fuori da palo. Sniffi una striscia e sei diventato un leone. Un paio di questi felini finiscono, scendono, chiudono l’auto e m’avvicino loro tranquillo: «Ciao, da chi posso trovare un po’ di coca buona stasera?».
Indicano un tizio poco in là. Ha l’accento albanese ed è meglio di un mercante in fiera: chiudiamo veloci la compravendita, venti euro una pasticca d’ecstasy ed ottanta un grammo di coca. Cifre ragionevoli.
Praticamente le stesse (euro più, euro meno) della roba in altri due parcheggi d’altrettante discoteche. È dal 2001 che i prezzi continuano ad abbassarsi, di pari passo con la «qualità» dei prodotti.
A proposito di coca, adesso sta andando di moda sniffarla dopo averla strisciata sopra uno specchietto, magari poggiandolo sul cruscotto. Oppure, usando certi cellulari d’ultima generazione, sul grosso display lucido e nero che così il bianco risalta che è un piacere, perché vuole la sua parte anche l’occhio. I più temerari la tirano nel bagno: ci si chiudono e via polvere bianca su per il naso.
La pasticca invece è meno impegnativa e rischiosa, più pratica: a volte ragazzi e ragazze se la passano baciandosi. Soprattutto vola in un istante da una mano all’altra, da chi vende a chi compra, e s’ingoia. Presa. Volendo si fa anche nel bel mezzo della pista, mentre si balla. E chi non vuol vedere, non ha visto: in fondo se già non ci pensano i loro genitori chi se ne frega.
Conticino: due o tre pasticche a nottata per un terzo dei ragazzini presenti, una botta di coca (almeno) sempre a testa e in un solo venerdì o un solo sabato sera il giro di soldi trasformatisi in fritto di materia grigia può toccare i trenta, quaranta, anche cinquantamila euro fra i clienti d’una sola discoteca. E chi se ne frega se una ricerca del Cnr di qualche anno fa mostrava come ecstasy e insieme musica a palla mandino in ferie per sei o sette giorni i neuroni. E pure se un altro studio italiano di un mese fa racconta come lo sballo da discoteca possa provocare effetti vicini a quelli dell’Alzheimer. Anzi, chi se ne frega di tutti e tutto.
Verso le quattro qualcuno si è sfatto sopra un divano, qualcun altro schizza da qui a là senza soste. Soprattutto le ragazzine mandano giù alcol come fosse gazzosa e sono molte di più rispetto a qualche anno fa.
Qualche leone ormai è rimasto a torso nudo e quasi tutte le leonesse indossano trenta o quaranta centimetri quadri complessivi di stoffa. Intanto l’aria condizionata e i bassi che picchiano forsennati uscendo dalle casse non coprono la puzza di sudore. Negli ultimi tempi sulla piazza romagnola è a disposizione degli sballandi una novità: la «cruschetta dell’amore», sarebbe a dire una pasticca d’ecstasy marrone e rugosa (come la crusca), che rende intronati ma teneri e dolci verso chiunque.
Manca poco alle sei quando i primi giovanotti – lentamente, assai lentamente – cominciano a uscire per tornarsene a casa. Magari comprano una piadina fuori dalla discoteca dove il chiosco ambulante staziona da ore, perché sa che farà affari d’oro grazie alla fame chimica. Magari si stravaccano allucinati in macchina. Una ragazza è aiutata a camminare da altre due, che da sola sarebbe già sdraiata a terra. Ed ora il chiaro del primo sole illividisce i volti di ragazzini stupidi o istupiditi. Incamminati in una grottesca processione. Le macchine partono. E capisci in un solo istante – lo «vedi» al volo – perché in Italia solamente nelle due notti del venerdì e del sabato si verifichi quasi la metà degli incidenti stradali notturni dell’intera settimana, con le stesse proporzioni per il numero di morti e dei feriti.
I leoni adesso sembrano gatti randagi usciti da una centrifuga. E i vestiti griffati e le macchine non nascondono più la miseria: quella negli occhi diventati fessure vitree o rossamente elettriche, nelle magliette stropicciate da sudore e birra e follia, nei trucchi scioltisi e colati sulle guance. Quella miseria che non si nasconde nel portafogli, ma tracima dal cuore e ad incontrarla fa un penoso male. Molti ragazzini da ieri sera hanno sborsato fior di soldi (fino a un paio di biglietti da cento euro) per comprare un terrificante nulla che potesse ridurli così. Il sole ormai è alto: ancora sei giorni e arriverà un’altra notte a portare consiglio a qualcuno e arrostire il cervello di qualcun altro. Un’altra e poi un’altra e un’altra ancora.